In questo periodo in cui molte cose portano a coltivare amarezza e delusione, abbiamo avuto un regalo straordinario, e – anche se il CD “Alfano Suite romantica/Una danza” della Naxos è in vendita solo dal 12 aprile – il fatto che abbia già avuto una recensione a 5 stelle e che la BBC Radio e la Radio della Svizzera tedesca ne abbiano parlato, ci conferma il valore di questo regalo: un compact disc con prime registrazioni mondiali assolute.
Quindi un ringraziamento davvero grande al Maestro Giuseppe Grazioli che con determinazione porta avanti un progetto culturale di immensa portata: la valorizzazione del repertorio sinfonico degli autori italiani dell’Ottocento e del Novecento (ricordo, per esempio, il “Valzer campestre” di Marinuzzi che è alla base del “Valzer per un amore” di Fabrizio De André) e dei compositori italiani che hanno legato il loro nome al cinema italiano e internazionale (Fiorenzo Carpi, Armando Trovajoli, Riz Ortolani, Stelvio Cipriani, Alessandro Cicognini, Angelo Francesco Lavagnino, Goffredo Petrassi, Ennio Morricone) Da più parti si chiede la ristampa dei sei doppi album dedicati all’opera di Nino Rota: in Giappone sono arrivati ad offrire 350 euro per un doppio CD di questa serie.
La musica è sorprendente e bellissima, e un grande plauso va a Davide Vendramin con la sua fisarmonica, a Vittorio Rabagliati per il brano con il pianoforte “obbligato”, ai musicisti de laVerdi, alla qualità della registrazione di Stefano Barzan e Stefano Ligoratti. Poi Gianpaolo Zeccara ha confezionato una bellissima copertina del disco e Giovanni Gavazzeni ha scritto, nel libretto, una presentazione dei brani, con grande competenza, che ci fa comprendere appieno il valore di questo disco.
Mi permetto di riprodurre qui quanto scritto dal Maestro Giuseppe Grazioli:
“Un equivoco molto diffuso relega la produzione sinfonica dei compositori italiani del 900 in una posizione defilata, come se il melodramma fosse stato l’unico interesse di almeno due generazioni di musicisti. Alfano in particolare sopravvive nei libri di storia della musica per “luce riflessa”, per aver completato Turandot, facendoci dimenticare così che, oltre ad una cospicua produzione operistica originale, ci ha lasciato un ricco catalogo di musica sinfonica e cameristica, che ci racconta di un compositore permeabile ai suoi contemporanei da Debussy a Enescu, da Strauss a Scriabin….
Questo CD non solo colma un’incredibile lacuna (tutti i brani sono in prima registrazione mondiale!), ma dimostra anche come la musica di Alfano riesca a fondere un’innata facilità melodica con una sapiente elaborazione contrappuntistica e un’orchestrazione che mescola i timbri in maniera imprevedibile creando degli impasti che difficilmente riusciamo a scomporre, come se inventasse nuovi strumenti dalla sovrapposizione di quelli tradizionali.
Dal neoclassicismo del Divertimento al clima da “film noir” della Nenia, dalla leggerezza di Amour… Amour, all’astrattezza di Una danza, ogni brano ci svela un artista dalle mille sfaccettature. Ma è l’ascolto della Suite romantica ad offrirci un tratto unico di Alfano: la sua capacità di ricreare lo spazio, quasi allontanando e avvicinando gli strumenti.
In un epoca in cui i tecnici del suono cercano con vari stratagemmi (pensiamo al Dolby Atmos) di dare “spazialità” alle registrazioni, Alfano con mezzi puramente musicali, riesce a inventare acustiche diverse e a trasportarci in una vallata, in un chiostro, sul mare, nei vicoli di Napoli…”
Ed ecco quanto scrive nel libretto Giovanni Gavazzeni:
“Franco Alfano (Napoli, 8 marzo 1875 Sanremo, 27 ottobre 1954) appartiene a quella schiera di compositori italiani nati intorno agli anni Ottanta del XIX° secolo (Alfredo Casella, Ildebrando Pizzetti, Gianfrancesco Malipiero, Ottorino Respighi sono i nomi maggiori) che fu definita “Generazione dell’Ottanta”.
Ognuno di questi compositori per diversa via volle riprendere il filo interrotto della tradizione strumentale italiana, sommersa dalla marea del melodramma verdiano e della trionfante scuola verista. Seguendo l’esempio dei pionieri del sinfonismo italico Giuseppe Martucci e Giovanni Sgambati, autori di musica apertamente ispirata a modelli di Schumann, Liszt e Brahms, la Generazione dell’Ottanta non rinunciò a portare la propria esperienza ‘sinfonica’ nel seno stesso dell’opera in musica, come testimonia tutto il teatro di Alfano, del quale ebbe vasta risonanza internazionale la sola Risurrezione (1904), tratta dal romanzo di Tolstoj, cavallo di battaglia di artiste come Mary Garden, Ersilde Cervi Caroli, Maria Labia, Florica Cristoforeanu, Magda Olivero, opera che giunse nel 1951 alla sua millesima rappresentazione festeggiata al Teatro di San Carlo di Napoli.
Nell’educazione di Alfano, dopo gli studi al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, allievo per il contrappunto e la composizione dello stimatissimo Paolo Serrao, maestro di Martucci, Giordano, Cilea e Leoncavallo, e l’apertura ai modelli tedeschi appresi nel perfezionamento al Conservatorio di Lipsia alla scuola di Salomon Jadassohn, ebbero molto peso i soggiorni e la cultura francese.
Il giovanile tributo ai pezzi da salone francofili testimoniato dal valse Amour…Amour… (elegante intrattenimento da città termale, nato per pianoforte nel 1901 e pubblicato per orchestra nel 1928) riporta agli anni in cui Alfano si firmava “Frank” e scriveva balletti per Cléo de Merode e le Folies-Bergère.
Il periodo di conoscenza diretta del repertorio francese e tedesco fu cruciale nella formazione del gusto e dell’evoluzione stilistica di Alfano, approdato fra il 1906 e il 1908 alla creazione del polittico sinfonico che l’editore-dedicatario Tito Ricordi intitolò «di sua iniziativa Poema italico, suite romantica.»
Prodotto tipico del clima “eroico” di rinascita del sinfonismo italiano, a cui avevano già dato i primi contributi Martucci, Sgambati, Casella e Malipiero, la suite fu presentata nella più prestigiosa istituzione sinfonica italiana del tempo, l’Augusteo di Roma, sotto la direzione di Egisto Tango, compagno di studi di Alfano, che avrà brillante carriera a Budapest e Copenhagen.
L’esito contrastato secondo quanto l’autore confidò al musicologo Andrea Della Corte necessitava («stagionare come il legno per essere apprezzato»): Martucci lasciò il palco dopo il primo pezzo, mentre il Direttore di Santa Cecilia Stanislao Falchi e Giovanni Sgambati tennero atteggiamento tra il reticente l’abbottonato. Alfano dichiarò a Della Corte di aver voluto esprimere le «sensazioni di due amanti in viaggio attraverso l’Italia.» Non si tratta dunque di oleografiche cartoline dall’Italia, ma di un viaggio sentimentale attraverso le ‘atmosfere’ evocate da un percorso verso il Meridione che scende da Venezia a Napoli, l’amatissima città natale di Alfano, nato nel quartiere magico di Posillipo. Le parti più riuscite sono i primi tre pannelli: Notte adriatica (“Calmo ed espressivo”), un notturno dove la cornice liberty impagina un’atmosfera fatta di sfuggenti stupori, di sospensioni, di attese, di echi carnevaleschi che giungono sempre più vicini dalla terraferma e che i due amanti fuggono; Echi dell’Appennino (“Moderato, contemplativo”) sono canti pastorali del corno inglese o dell’oboe che imita la cornamusa, fra i quali si fanno largo stilizzati motivi di danze rusticane; intorno Al chiostro abbandonato (“Lento, non troppo”) fra i monti d’Abruzzo aleggiano vaghe campane lontane, soffusi modi gregorianeggianti, serene malinconie solo per breve mosse dal sorgere nei petti dei due amanti di «un inno d’amore, fiero, caldo, esuberante.» Gli echi bucolici concludono la pagina in un raccoglimento luminoso: «[…] subito si arrestano atterriti per il sacrilegio che stanno commettendo. E abbandonano quella dimora di lacrime e mistero, tremanti, mentre sembra loro udire il suono delle campane, lento come venisse da sottoterra» (secondo una guida all’ascolto pubblicata per una ripresa nei concerti di Santa Cecilia del 1922). Il quarto pannello, Natale campàno (“Molto vivace”), è un calderone vorticoso che descrive una festa partenopea sgargiante di colori e molto generosa nei raddoppi orchestrali («Gli zampognari suonano una vecchia canzone e su di essa si danza. La pia novena perde qui il suo carattere e tutto svanisce nel chiasso della festa»), un quadro musicale dove si apprezzano le stasi rappresentate da commosse carole natalizie, prima che tornino le rutilanti dinamiche in fortissimo.
Nel quasi trentennio che separa la Suite romantica dal Divertimento per orchestra ridotta e pianoforte obbligato (scritto nel 1934 e pubblicato nel ’36), l’orchestra di Alfano si è asciugata non solo nell’organico cameristico-concertante ma anche nella materia musicale divenuta più brillante e aguzza. Concepita nella forma concisa di un dittico formato da Introduzione e Aria (“Allegro festoso”) e Recitativo e Rondò (“Lento – Presto”), Alfano rinuncia agli spessori fonici densi di gioventù per trovare un’ottimistica leggerezza danzante nell’equilibrio fra lo strumento concertante e l’orchestra, secondo un gusto in linea con il gusto neoclassico fra le due guerre.
Per ironia della sorte oggi il nome di Alfano è ricordato quasi solo per aver completato il finale della Turandot di Puccini (e di recente per alcune riprese di successo del Cyrano di Bergerac imposto dal carisma di Placido Domingo). Influenza pucciniana molto sensibile al tempo di Risurrezione, ma ben presto ripudiata dal temperamento esuberante e dal gusto di Alfano che andavano decisamente verso l’impressionismo francese tanto da guadagnarsi spesso le critiche della critica italiana più chiusa e nazionalista. Lo testimoniano fra i due brani appartenenti al periodo estremo del secondo dopoguerra più che la breve Nenia (“Lentamente, ma elastico”) per fisarmonica, soprattutto Una danza composta su commissione del terzo programma della Rai. ( nel ’48 e pubblicata nel ’51), la quale con i preziosi impasti strumentali, la scrittura dei fiati elastica e screziata fra rapsodici tocchi lirici, forma una ragnatela iridescente non immemore della forma libera e dei preziosismi sonori dell’ultimo Debussy di Jeux.”
Grazie, dunque!
LC
(sabato 6 aprile 2024)
Grande!!