A lungo simbolo della “Guerra fredda”, il Muro di Berlino, eretto nel 1961 ed esteso per quarantacinque chilometri per dividere i settori est ed ovest della capitale della Germania, venne di fatto aperto oggi, 9 novembre del 1989. Faceva un certo effetto attraversare il Muro, passare dai varchi e dai controlli dei Vopos, la Volkspolizei della RDT, o DDR. Nel 1990 sono riuscito anche a comprare un impermeabile dei Vopos, alla Porta di Brandeburgo, dove vendevano simboli e altri oggetti di una epoca per fortuna superata.
Ma, a mio parere, la dissoluzione del blocco sovietico è stato percepito solo come la vittoria del capitalismo sul socialismo reale, non come un fatto che cambiava tutti gli equilibri precedenti, internazionali e interni dei singoli Paesi, e che richiedeva dunque una nuova visione dei rapporti politici e diplomatici. Tradendo le promesse fatte a Gorbaciov, si è operato sia con la Nato che con la Comunità europea per isolare la Russia, per accerchiarla, favorendo di fatto un accentuato sentimento popolare nazionalistico, retaggio della storia russa di fronte ai tanti tentativi di invasione, da est come da ovest. dai Mongoli a Napoleone ai nazisti. Accelerando l’adesione alla Alleanza atlantica dei paesi dell’Est sovietico, si è stuzzicato l’orso russo: la storia del “grande gioco” e dell’Afghanistan – del settecento e ottocento fino ai giorni nostri – non ha insegnato nulla. Con una miope visione dei rapporti internazionali, insieme alle pressioni economiche tedesche, si è sviluppato un braccio di ferro attorno alla Ucraina, con la sua complessa storia di relazioni con la Russia e l’Occidente.
Si è affrettata l’iscrizione all’Unione europea di Paesi che volevano liberarsi della sovranità limitata (dall’Urss), ma non volevano ricadere in un’altra limitazione della sovranità, quella dell’Unione europea. Le recenti vicende dei rapporti della Polonia con la Unione europea sono la ennesima conferma di un scelta di adesione all’Europa, per avere vantaggi economici, non accompagnati da una condivisione dei principi dello stato di diritto e delle tradizioni liberali e democratiche della cultura occidentale. I Paesi dell’Est, dal Baltico al centro Europa al Mar Nero, volevano il supporto economico della Unione Europea e il sostegno militare difensivo degli Usa e della Nato, a tutela della loro ritrovata sovranità.
L’assenza di una politica estera comune e di una comune difesa europea hanno messo in mostra tutti i limiti di un affrettato allargamento verso est dell’Unione. E peraltro ancora, nonostante il lavoro dell’ultimo G20 di Roma, (per fortuna che avevamo Draghi, e non Conte, un uomo di statura internazionale di contro ad un dilettante politico, designato da un comico ), l’Unione Europea stenta a comprendere e a muoversi come un soggetto autonomo, e protagonista di un necessario multilateralismo, per affrontare i problemi del mondo contemporaneo, dopo il crollo del confronto-scontro Est-Ovest.
E anche sul piano interno, la caduta del Muro è suonata come la fine dello scontro ideologico, valoriale e culturale tra il capitalismo e il socialismo, tra mercato e Stato, tra liberismo e intervento pubblico, tra individualismo economico e giustizia sociale. Ed è stata segnata come la sconfitta di un gruppo dirigente, del post Berlinguer e del post Natta, che non ha saputo per tempo vedere che lo sbocco della storia dei comunisti italiani non poteva essere in una fantomatica, inesistente terza via, o in un coacervo di movimentismo e di radicalismo, di giustizialismo e di moralismo, di dissenso cattolico e di estremismo ambientalista.
La ricomposizione unitaria delle due componenti, che si erano divise nel 1921, nel solco e nella prospettiva del socialismo democratico europeo, era l’unica scelta possibile, anzi era l’ultima possibilità che offriva la storia politica del novecento italiano. Si è proceduto con una lentezza drammatica: in Germania non solo era caduto il muro ma si era formato uno stato solo, mentre ancora il PCI stava in mezzo al guado, e venne salvato da Craxi che evitò le elezioni anticipate. Si è andati a formazioni politiche che erano senza valori, senza riferimenti culturali, con scelte politiche approssimative, puri strumenti di carrierismo e di personalismi, tra querce, ulivi, cosa 1, cosa 2, PDS, DS, alle alleanze con la Margherita, con Di Pietro.
E non c’è da stupirsi che il tutto finisca con la proposta del PD alle 5S di entrare nel gruppo dei “socialisti e democratici” al Parlamento europeo: cosa non si fa per avere i numeri e confermare lo scout Sassoli a Presidente del Parlamento europeo. La rosa rossa è diventata bianca e forse un poco anche gialla.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(martedì 9 novembre 2021)
Analisi storica lucida e realistica, come raramente vediamo nei cosiddetti giornaloni , che non hanno il coraggio di prendere certe posizioni per non disturbare troppo la politica e il partito