Il governo Conte II dunque si è avviato. Ci sono diffuse preoccupazioni, a sinistra, sul governo che sta nascendo. Ma per fortuna c’è D’Alema che ci spiega che le 5S sono una costola della sinistra: deve avere il complesso di Adamo, visto che, qualche anno fa, anche la Lega per lui era una costola della sinistra. Leggendo il Corriere, tra pagina 3 e pagina 4, non si capisce se Di Maio si è rafforzato o meno: vedete voi, ha perso la vicepresidenza ed è in un ministero dove Conte conta più del Ministro.. Giustamente oggi Giuliano Ferrara bacchetta un esimio “editorialista” – che non ne ha azzeccate nessuna ma è riuscito a combinare molti guai – il quale aveva assegnato la vittoria a Zingaretti, trascurando del tutto Renzi.
Solo l’annuncio del governo giallo rosso ha fatto scendere lo spread sotto i 150 punti, il che ci fa risparmiare qualche decina di miliardi. Pensate a quelli che abbiamo perso con i gialloneri! Ma la conferma definitiva della giustezza della strada è l’intervista di Salvini a “Libero”: “Vigliacchi, non durate”. Totalmente andato con la testa, si definisce “ingenuo”, che in politica è come darsi del pirla o peggio. È una intervista che trasuda livore, astio, malevolenza, odio: in definitiva, sono i sentimenti di uno che ha perso la partita, per colpa sua, e per scaricarsi il senso di colpa, riversa su tutti (compreso Berlusconi) il suo rancore. Salvini ha un merito indubbio: ha commesso il più grande suicidio politico tutto da solo, che passerà alla storia come un atto da manuale del politico improvvido, incauto, sconsiderato.
Se alla Commissione europea venisse designato Paolo Gentiloni, sarebbe un segno politico forte per mettere fine a uno sterile, dannoso, isolazionistico antieuropeismo, segnato anche dalle follie anti euro di alcuni imbarazzanti esponenti della “Lega Salvini Premier”. La nomina al Ministero dell’Economia di un autorevole politico, Roberto Gualtieri, appena eletto per acclamazione presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento, stimato dunque in Europa, per serietà e competenza, per capacità e senso delle istituzioni, è il segno più distintivo di questo governo, insieme alla presenza di un alto funzionario dello Stato al Ministero dell’Interno a segnare una netta rottura con la funambolica azione puramente propagandista del precedente ministro. Il carattere europeistico del governo giallo rosso segna un bel passo in avanti per una presenza attiva, da protagonista, dell’Italia nell’Unione europea: il che sottolinea la scellerata scelta di +Europa di stare fuori dalla maggioranza. La scelta politica di +Europa segna anche la sua fine, a mio parere: forse si illude di avere uno spazio politico con l’altro perdente di questa vicenda: l’enfant gâtè dei salotti romani, che un “editorialista” ha addirittura presentato come l’uomo del Nord (sic!).
In ogni trattativa politica, ci sono degli “stop and go”, due passi avanti e uno indietro, su cui i mezzi di informazione costruiscono la notizia del giorno. Chi conosce appena appena la politica, sa che le trattative sono sempre al limite e, per di più nelle fasi in cui non ci sono forti ideali o forti valori culturali ed etici, emergono anche le piccole ambizioni personali. Non mi sembra che Franceschini sia un personaggio di cui il PD nel governo non possa fare a meno; oltretutto l’immagine del PD con una delegazione ministeriale tutta nuova, non coinvolta in precedenti esperienze governative, avrebbe dato un vantaggio d’immagine sulle 5S., che hanno confermato il giustizialista Bonafede: speriamo che Conte si faccia carico, in prima persona, di impedire alcune scelte che sono in contrasto con uno stato di diritto.
Una maggiore presenza di donne (sia del Pd che delle 5s) sarebbe stata ancora più significativa: una nuova vera innovazione rispetto al passato.
Non ho mai creduto ai programmi dettagliati, che spesso sono una gabbia (mutano le situazioni e le condizioni oggettive) in cui si rimane imprigionati. L’importante è che le linee programmatiche rispondano alla esigenza di cogliere, poi con atti concreti, le sfide del momento, compresa quella di togliere l’erba sotto i piedi dei “sovranisti”: la pressione fiscale (non solo con il cuneo, ma anche con la proposta del presidente di Assolombarda per i giovani), la sicurezza e l’immigrazione. In quest’ultimo caso, è evidente che non si può passare dai porti chiusi ai porti aperti (salvo i casi di sbarchi umanitari, controllati), ma si deve porre mano subito a iniziative in sede europea per superare il regolamento di Dublino e alla revisione della legislazione italiana in materia.
Speriamo che con la precedente esperienza, le 5 S abbiano capito che l’efficacia dell’azione di governo si ottiene con l’unità di intenti, che si costruisce con la mediazione di interessi sociali diversi, con il compromesso tra visioni politiche, ideali e culturali differenti. Così sarebbe bene che la recente esperienza “referendaria” faccia capire che il senso delle istituzioni viene prima degli interessi di partito. Nessuno mette in discussione la possibilità e il dovere di sentire i propri iscritti sulle scelte politiche dei capi del partito o del movimento. Quello che è sbagliato, è farlo, con un sistema peraltro poco affidabile, dopo che al Presidente della Repubblica si è confermata la disponibilità a fare un governo con il PD.
Ho già ricordato che la politica viene prima di tutto e che la DC, quando scelse di aprire la fase del centrosinistra, mise nel conto di perdere voti: infatti perse quasi un milione di voti a favore del PLI, ma governò il Paese per altri trent’anni. E se oggi siamo ancora una delle più importanti economie mondiali, lo dobbiamo alla Prima Repubblica. In una democrazia parlamentare i governi si fanno tra forze diverse, anche distanti: ecco perché non scandalizza che, dopo il fallimento del precedente governo, si formi una coalizione di governo tra PD e 5S. Le elezioni anticipate non sono una soluzione “normale” di una crisi di governo: sono il sintomo di una malattia grave, quella del prevalere degli interessi di bottega su quelli del Paese.
Vorrei ricordare che sono state fatte cinque leggi elettorali, per lo più maggioritarie, in venticinque anni, per rispondere alla esigenza di “stabilità” di governo: il risultato è che abbiamo avuto 15 governi con una durata media di 20 mesi. Con il Conte II sono 16 governi. Si è illuso il Paese – e qualcuno si illude ancora – che con i sistemi elettorali si possano risolvere i problemi di forze politiche che non erano più in grado di leggere la realtà del Paese e del mondo e di rispondere in maniera adeguata alle esigenze di sviluppo economico e sociale e di crescita civile e culturale. Dalla fine della solidarietà nazionale, con la lotta al terrorismo, alla crisi della Fiat del 1979-1980, dalla vicenda di Sigonella alle vicende di Tian an men e alla caduta del Muro, dal referendum sulla responsabilità civile dei magistrati all’attacco al sistema dei partiti, con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e l’abolizione delle preferenze: i partiti nati nella Resistenza al nazifascismo non hanno saputo ripensare la nostra vita nazionale alla luce anche della necessaria unità europea. Alla crisi ideologica e politica dei partiti si è aggiunta, proprio per la loro debolezza, una vasta campagna mediatica e giudiziaria sulla “casta”: si è sparato nel mucchio, generalizzando contro la categoria dei “politici”. La politica è diventata così l’unica attività per la quale non si considera necessaria nessuna preparazione specifica.
E così ha vinto l’antipolitica, da cui non è stata immune neanche la sinistra. Basti pensare alla campagna sulle “poltrone”: il posto di parlamentare, di consigliere comunale, provinciale e regionale ridotto a “poltrona”, che, con il significato di occupare un posto inutile e costoso, senza avere competenze e capacità, per trarre un vantaggio personale, demolisce la democrazia rappresentativa: l’abolizione delle Provincie, per togliere le poltrone (ovvero si tolgono gli eletti del popolo ma si lascia la struttura burocratica); la riduzione dei Parlamentari per eliminare le poltrone, non per distribuire meglio i poteri legislativi tra Parlamento, Regioni e Parlamento europeo. E sarà bene ricordare l’abolizione dei vitalizi, presentati come un vergognoso privilegio, non come una misura, pagata dagli stessi parlamentari, a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza dei rappresentanti del popolo: una campagna assillante, che, come noto, non ha risolto i problemi del bilancio dello Stato, ma ha mascherato l’aumento di stipendio dei parlamentari stessi.
Demagogia, ipocrisia e faciloneria distribuite a piene mani per avere un Paese con il fiato corto, che stenta a trovare la capacità di uscire dai suoi problemi strutturali, che venticinque anni di “seconda repubblica” hanno accumulato: sarà bene ricordare che la Lega ha governato per quasi dodici anni e ha molte responsabilità, anche di non aver fatto nulla per l’autonomia differenziata delle regioni del nord. E sarebbe bene ricordare alle anime belle, che non vogliono sporcarsi le mani, che preferiscono tenersele in tasca, e pontificare in attesa di avere la maggioranza assoluta, quello che ha detto il governatore e astro nascente della Cdu Michael Kretschmer a proposito degli alleati tedeschi della Lega: «Non cederemo ai corteggiamenti e alle offerte di dialogo dell’AfD. Un simile partito minaccia le fondamenta democratiche e di convivenza civile del nostro Paese, ma anche il nostro benessere e futuro economico». Ricordando a tutti che quello che succede in Germania, in Italia o in Spagna è di interesse di tutti i cittadini europei. Con l’Unione europea, in Grecia, non abbiamo avuto i colonelli, ma un governo democratico.
E speriamo proprio che questo governo sia l’espressione di chi ha compreso che fuori dall’Europa saremmo perduti e che i nostri problemi, italiani, si risolvono non in chiave nazionalistica ma solo nella dimensione europea.
“”La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi.” Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(mercoledì 4 settembre 2019)
Luigi Ottima analisi, che condivido
Renato Soma